LE NOSTRE AZIENDE (ITALIANE ED EUROPEE) SONO ANCORA SUFFICIENTEMENTE INNOVATIVE?

Cinque punti chiave per valutare se il vostro processo di innovazione vi permette di mantenervi in gara.


L’innovazione potrebbe essere definita come la capacità di produrre un’idea, un concetto o un oggetto, che sia allo stesso tempo nuovo, originale e adattato alla situazione.

Da sempre il “Made in Italy” è stato un forte marchio per l’innovazione di ogni genere. La creatività italiana non è una leggenda, ma un fatto ben consolidato e riconosciuto.

Purtroppo, le vittorie del passato non sono una garanzia per le battaglie future.

Ogni giorno si riparte da zero e quindi tutte le aziende sulla linea dell’innovazione ricoprono la stessa posizione.

La concorrenza è aspra e talvolta persino sleale. Tuttavia, le cifre ci sono e la tendenza rivela che c’è qualcosa di cui preoccuparsi per la nostra capacità di innovare sia per l’Italia, sia per altri paesi in Europa.

 

L'innovazione in Europa non è all'altezza degli investimenti in R&S

Con una crescita del PIL italiano molto debole, il paese è riuscito comunque ad aumentare i suoi investimenti in R&D pur essendo ancora al di sotto della media europea (che include paesi come Cipro e Romania! 😱).

D’altro canto, la Germania e l’Austria, già con un buon PIL, accentuano ulteriormente i loro investimenti in R&D e i paesi scandinavi, come la Svezia, continuano a mantenersi in testa anche se il divario si riduce.

Tutti i paesi europei hanno compiuto uno sforzo enorme per quanto riguarda l’assunzione di personale in R&D e l’Italia ancora più degli altri sta recuperando lentamente il suo ritardo negli ultimi anni.

Tuttavia, l’indicatore che misura il numero di brevetti depositati nello stesso arco di tempo, mostra che ormai è l’Asia che rafforza ulteriormente la sua leadership dell’innovazione passando in dieci anni, dal 51,5% a quasi il 67% del totale dei brevetti depositati mentre nello stesso periodo, l’Europa regredisce di quasi 6 punti.

Infatti, quando si misura il numero di brevetti europei depositati per milione di persone attive tra il 2008 e il 2014 (non ci sono informazioni più aggiornate), tranne la Svezia e l’Austria che aumentano del 15% e la Finlandia che segna il punteggio più alto con il 48%, gli altri paesi sono ben lungi dal depositare brevetti in una percentuale commisurata agli investimenti in R&D.

Peggio ancora fanno paesi come l’Italia, che regredisce del 14% e la Germania che scende dell’11%.

(Fonti: EUROSTAT e WIPO)

Al di là della performance che ogni azienda ricerca per la sua strategia, ci sono sfide geopolitiche innegabili in materia di sovranità alimentare, sanitaria e industriale tra questi i recenti eventi che stiamo vivendo (covid e guerra in Ucraina) dimostrano quanto essi siano importanti. Perdere la leadership sui brevetti significa dipendere pesantemente da altri paesi.

Ma allora, le nostre aziende sono davvero a corto di innovazione?

Abbiamo intervistato una ventina di manager di grandi gruppi e PMI italiani e francesi che operano in diversi settori come i beni industriali e le attrezzature per conoscere il loro parere. Se sono unanimi sulla constatazione di cui sopra, puntano tutti su ciò che ritengono essere i tre principali freni all’innovazione.

  • “Spesso siamo molto creativi ma non riusciamo a innovare”
    • Molte persone mostrano immaginazione e propongono idee. Ma per essere innovativi, bisogna saper trasformarle in un prodotto che possa essere offerto al mercato e poterne trarre un vantaggio economico.
    • Mentre la creatività dipende dal pensiero e dall’intuizione, l’innovazione richiede di più. Deve essere pienamente integrata nella strategia, nei suoi piani d’azione e nella organizzazione. È vero che molte aziende in Europa sono gravemente carenti in materia, nonostante l’altissimo livello di istruzione.
  • “Siamo spesso molto bravi tecnicamente ma lenti e approssimativi per quanto riguarda l’attuazione e la finalizzazione”
    • Non basta possedere la strategia giusta e azioni ben definite per concretizzare una buona idea. Molte organizzazioni sono ancora lungi dall’essere tutte agili e i dipartimenti di R&D sono ancora considerati come le «cittadelle» in cui deve essere concepita l’innovazione. Si tratta di una convinzione ormai superata, ma ancora presente in molte aziende.
    • o Essere «buoni» è una scarsa consolazione. Quasi una scusa per giustificare il ritardo nello scoprire prima dei concorrenti, quello che serve realmente al mercato; per trovare la soluzione tecnica innovativa con un buon margine; per mettere a punto il processo industriale per produrre bene al primo colpo; per vendere l’innovazione con i giusti canali di comunicazione.
    • o Se un’impresa non è all’altezza del suo mercato, sicuramente un’altra lo sarà e ne prenderà il posto.
  • “Siamo parsimoniosi nella progettazione, ma le nostre soluzioni rimangono troppo costose”
    • A parte rare eccezioni, approcci quali design-for-value, design-to-cost oppure design-for-lead-time sono ancora marginali nella maggior parte dei dipartimenti di R&D. Sullo stesso tema, quante aziende utilizzano sistematicamente e metodologicamente l’approccio Value Analysis (VA) o Value Engineering (VE) nel loro processo di innovazione?
    • o Cerchiamo di spendere il meno possibile, ma partendo da soluzioni che sono già molto costose di per sé perché il più delle volte basate su tecnologie avanzate come quella azienda che aveva previsto un budget di un milione di dollari per sviluppare un sensore in grado di rilevare la presenza di una tossina nell’acqua per poi scoprire, che esiste un mollusco che si chiude non appena si trova in presenza di questa tossina
    • o Non possiamo limitarci all’ottimizzazione di soluzioni progettate in modo convenzionale. Occorre innovare nel modo stesso di innovare.

Perché queste tre cause influenzano gravemente la redditività e la competitività delle organizzazioni.

Impedendo alle aziende di innovare alla velocità e al livello d’esigenza imposti dal mercato, esse generano un vortice di grande pericolosità per la sopravvivenza dell’impresa:

  • Nessun buon prodotto, nessun fatturato e nessun margine;
  • Nessun margine, nessun investimento;
  • Nessun investimento, nessuna motivazione;
  • Nessuna motivazione, emorragia di fuoriuscita dei talenti … anche attratti dalla concorrenza!

Non è con coloro che rimangono che l’azienda andrà meglio di oggi.

Insieme, queste tre cause costituiscono un cocktail tra i più tossici per la sopravvivenza delle imprese.

Dobbiamo capire come fare di più e meglio con meno.

Evidentemente, stando alle cifre citate, alcuni ci riescono meglio di altri.
Di cosa hanno bisogno le aziende per accelerare la loro capacità di innovazione?
Cosa manca loro per stimolare l’innovazione?

Per capire le cause dell’innovazione, bisogna ovviamente partire della nozione di valore.

Se ci sono molte definizioni intorno alla nozione di valore, la più intuitiva e semplice che utilizziamo per spiegarla è la seguente.

“Più un beneficio (B) offerto è apprezzato dai clienti e il prezzo (P) per ottenerlo è basso, più alto è il valore (V) percepito da loro”.

È sull‘Equazione del Valore che ogni impresa dovrebbe fondare la propria strategia per sviluppare una valida UVP (Unique Value Proposition).

Pertanto, la definizione di un’impresa innovativa diventa essa stessa evidente.

“L’impresa innovativa è quella che riesce ad ottimizzare al meglio la sua Equazione del Valore”.

Questa definizione ha il merito di far prendere coscienza che l’innovazione dei processi, l’innovazione delle organizzazioni e dei modi di commercializzazione (denominatore) hanno la stessa importanza dell’innovazione dei prodotti e dei servizi (numeratore).

Su questo punto, d’altronde, è stato necessario attendere il 2005 perché il «Manuale di Oslo» pubblicato la prima volta nel 1992 dall’OCSE e che fornisce le linee guida sull’innovazione, menzioni nella sua lista delle categorie d’innovazione, le innovazioni di commercializzazione e di organizzazione!

Valutate la performance del vostro processo di innovazione alla luce di cinque invarianti dell’innovazione.

Analizzando le imprese innovative e quelle che lo sono molto meno, ci siamo resi conto dell’esistenza di cinque punti fondamentali per essere performanti in materia di innovazione.

Sono tutti parte integrante della strategia e dell’organizzazione delle imprese innovative, mentre sono meno presenti o non sono affatto presenti per le imprese meno innovative. Li definiamo « invarianti dell’innovazione ».

Primo invariante: “Non c'è una buona soluzione senza la comprensione del vero bisogno”

La sfida: come scoprire le esigenze dei clienti prima che ce li richiedano?

  1. Osservare il cliente nel suo contesto

Non si può chiedere il parere di un cliente su qualcosa che non è ancora stato inventato!
Dobbiamo scoprire di cosa ha bisogno il cliente e che non è stato capace di esprimerlo chiaramente.
Per questo, cosa c’è di meglio che realizzare la mappatura dei “contesti” in cui opera per creare il valore:

  • Quali sono i problemi riscontrati per svolgere il proprio lavoro?
  • Quali nuove opportunità di soddisfare bisogni si palesano?
  • Come migliorare l’immagine del cliente nel suo lavoro?
  1. Verbatim: decifrare il linguaggio del cliente

Primo caso: se durante una riunione con un cliente, quest’ultimo vi chiede un caffè, non affrettati subito!

Piuttosto, domandati perché ti fa questa richiesta.

Di cosa ha realmente bisogno: Caffeina? Calore della bevanda? Parlarvi separatamente? Di prendersi una pausa per rimettere in ordine le sue idee? Fare una telefonata urgente; …?

Ci sono messaggi subliminali che bisogna saper decifrare per non perdere di vista il vero bisogno.

Secondo caso: Anche quando il cliente è ben preparato e conosce bene il suo mestiere, tende ad esprimersi subito in termini di mezzo o di soluzione: “avrei bisogno di… per fare… e così ottenere … ”.

È molto probabile che la richiesta espressa in questo modo sia effettivamente una soluzione, date le competenze del cliente, ma è «la soluzione»? Quella che soddisfa criteri spesso contraddittori tra loro? Quella che permette di minimizzare i costi per l’azienda e di soddisfare gli obiettivi di margine? Niente è meno sicuro.

Molti clienti si esprimono spesso in modo «analogico», cioè descrittivo e qualitativo, mentre l’impresa, per agire, ha bisogno di dati «digitali», cioè quantitativi.

La parte del verbale (enunciata) è debole rispetto al non-verbale espresso dal corpo (respirazione, gesti, micro-gesti, posture) e al para-verbale espresso dalle emozioni (tono della voce, timbro, volume, forza, velocità).

E anche quando il cliente si affida alle specifiche, non sempre ci sono tutte le informazioni importanti.

Imparare a decifrare ciò che il cliente esprime in tutte queste sfaccettature è la prima sfida che si presenta prima di impegnare le risorse.

Valutazione del processo della mia impresa: «comprensione della vera necessità del cliente»

  • È difficile capire le esigenze non espresse e i nuovi prodotti sono poco differenziatori;
  • Comprendiamo abbastanza bene le esigenze, ma le soluzioni trovate non sempre corrispondono alle aspettative;
  • Si comprendono molto bene i bisogni anche quelli mal enunciati e le soluzioni corrispondono ai bisogni stessi compreso quelli non espressi.

Secondo invariante: “Concentrarsi sull'essenziale del valore”

La sfida: come dare una priorità oggettiva alle esigenze dei clienti da sviluppare per selezionare quel 20% che contribuirà all’80% del valore complessivo percepibile dal cliente?

Si sente spesso dire:

“Se i nostri concorrenti lo propongono, deve essere utile. Quindi dobbiamo proporlo anche noi” oppure:

“Ovviamente tutte le funzioni sono importanti. Abbiamo bisogno di un prodotto completo. Del resto, è meglio fare di più che perdere una funzione importante.”

Queste convinzioni sono spesso la conseguenza dell’incapacità di poter valutare obiettivamente il peso rispettivo delle esigenze per soddisfare il cliente.

Purtroppo, dare ciò che non viene percepito come valore significa:

  • Aggiungere un costo inutile al prodotto;
  • Prolungare i tempi di sviluppo e di industrializzazione;
  • Aumentare la complessità della gestione dei componenti per tutta la vita del prodotto;
  • Tagliare impercettibilmente i punti di margine.

Un approccio sistematico di questo tipo porta le aziende che lo applicano a diluire i loro sforzi di sviluppo. Così, in modo cronico, diventano lentamente sempre meno efficienti nei confronti di un’azienda che avrebbe preso il tempo di valutare oggettivamente i bisogni essenziali da soddisfare e avrebbe saputo concentrarsi su di loro per definire soluzioni semplici e appropriate.

Esistono diversi metodi per valutare in modo più o meno obiettivo o scientifico il peso degli elementi gli uni rispetto agli altri purtroppo, non tutti sono adatti alla complessità dei progetti in cui sono incluse decine di esigenze primarie e secondarie del cliente da valutare.

È per questa ragione che siamo stati portati a sviluppare OptimalDecision, un’applicazione software basata sull’algoritmo AHP (Analytical Hierarchy Process) sviluppato dal Dr. Saaty che permette, tra l’altro, di avvisare se il ragionamento fatto durante le valutazioni manca di coerenza, cosa che purtroppo accade spesso.

Valutazione del processo della mia impresa: «Concentrarsi sull’essenziale del valore»

  • È difficile valutare il contributo di ogni esigenza per definire ciò che è essenziale per il cliente;
  • Si valuta il contributo dei bisogni, ma in modo soggettivo ciò che crea un divario con le aspettative dei clienti;
  • Si valuta molto bene il contributo dei bisogni anche quelli mal espressi e le soluzioni soddisfano le aspettative e sorprendono anche i clienti.

Terzo invariante: “Avere audacia ed essere sobri nella creatività”

La sfida: come far concepire prodotti semplici a progettisti esperti di alta tecnologia?

Si sente spesso dire:

Dall’idea alla soluzione, c’è una strada che a volte è tortuosa. Il peso degli obiettivi e il tempo disponibile sempre più breve, generano stress sul processo di innovazione ed allora si tendono a preferire sentieri sicuri, convenzionali e purtroppo già percorsi.

Si lascia così lentamente rinchiudere il processo di innovazione dentro a tre gabbie.

  • La gabbia della familiarità: che favorisce le attività che conosciamo bene rispetto alle nuove attività per le quali non siamo rodati.
  • La gabbia della maturità: che favorisce le soluzioni mature rispetto a quelle che emergono o sono ancora inesistenti.
  • La gabbia della consanguineità: che favorisce le attività basate su tecnologie e processi ben noti all’azienda e per le quali quest’ultima ha fatto numerosi investimenti che si ritiene necessario sfruttare.

Il contesto di scarsità e/o di onerosità di alcune materie prime; la necessità di prendere sempre più in considerazione l’impatto delle soluzioni sul clima e non solo l’impronta di carbonio, obbliga ad orientare la progettazione verso soluzioni sobrie o frugali in energia sia per produrle che per utilizzarle.

Si parla di «Frugale Innovation» e di «Low-Tech Spirit». In effetti, bisogna dar prova di audacia concettuale per rinunciare alla facilità offerta dalla tecnologia. Soprattutto quando si fa parte di un settore «technology-oriented».

Ma è un errore pensare di poter realizzare un prodotto low-cost da una soluzione high-tech. Un prodotto low-cost si costruisce partendo da una soluzione sobria.

Valutazione del processo della mia impresa: «Avere audacia ed essere sobri nella creatività»

  • È difficile pensare fuori dagli schemi per trovare soluzioni innovative;
  • Siamo creativi, ma alla fine il prodotto rimane costoso e non abbastanza testato;
  • Il co-design viene sviluppato internamente e con terze parti. Le soluzioni sono sempre più sobrie in quanto a basso costo.

Quarto invariante: “Avere una capacità di innovazione superiore al tempo necessario per essere copiati”

La sfida: come mantenere la leadership dell’innovazione quando tutto sta accelerando?

Riguardo all’innovazione, ci sono 2 miti fortemente radicati.

Il primo afferma che è molto lungo il tempo necessario per trovare ciò di cui il cliente ha veramente bisogno.

Un secondo, che è il suo corollario, spiega che è una perdita di tempo chiedere l’opinione dei clienti; che è meglio seguire la propria intuizione anche a costo di modificare il prodotto in seguito.

Ci sono due modi per sgretolare questi miti da tempo superati.

  1. Quanto tempo abbiamo prima di essere copiati

Questa informazione è fondamentale perché, una volta che anche i concorrenti avranno sviluppato la loro soluzione, l’impresa innovativa avrà perso il suo vantaggio. Questo timing obbliga quindi a organizzarsi e a dimensionarsi di conseguenza.

È questa tempistica che determina il ritmo del processo di innovazione. In questo senso, si può parlare di «Takt-Time del processo di innovazione» come del «Takt-Time di produzione» (tempo compreso tra la vendita di due prodotti).

Per mantenere il suo rango di leader in materia di innovazione, l’azienda dovrà quindi organizzarsi per innovare a questo ritmo, altrimenti sarà superata e diventerà un «follower».

  1. Capacità e intensità di innovazione.

Questa tempistica, che fissa il livello di esigenza sulla capacità di innovare, non è in sé un prerequisito sufficiente. Occorre anche che le risorse impiegate siano in grado di innovare rapidamente.

L’approccio TRIZ sviluppato da Genrich Altshueller permette di accedere ad una forma «di ingegneria dell’innovazione» di grande performance.

Purtroppo, questa tecnica non è molto conosciuta e quando lo è, la sua applicazione è semplicistica se non inappropriata e quindi spesso trascurata.

Eppure, grazie a questo approccio sistemico, non sarebbe necessario chiamarsi Leonardo da Vinci per essere innovativi e nemmeno affittare un bungalow alle Mauritius per due settimane per sviluppare la creatività!

Al contrario, è in molti casi l’esigenza di un timing breve e in generale con mezzi scarsi a disposizione che permettano di innovare intensamente e rapidamente e non la profusione di mezzi. L’approccio TRIZ si inserisce in questa logica.

Le numerose innovazioni realizzate dalle start-up nei paesi emergenti ne sono l’esempio più significativo.

Valutazione del processo della mia impresa: «Avere una capacità d’innovazione superiore al tempo necessario per essere copiati»

  • Fatichiamo a stare al passo con i nostri concorrenti. Siamo obbligati a seguirli copiando quello che hanno fatto. Il mercato non ci riconosce come azienda innovativa.
  • Ci capita di tanto in tanto di innovare prima dei nostri concorrenti, ma spesso è puntuale e opportunistico;
  • È difficile tenere il passo con il ritmo, ma ci riusciamo la maggior parte delle volte. Il mercato ci riconosce come un’azienda innovativa.

Quinto invariante: “una strategia basata sull'innovazione”

La sfida: come organizzare la propria strategia attorno all’innovazione di processo?

Non bisogna illudersi, senza un livello d’esigenza forte da parte della direzione generale, si resta al solo livello degli annunci… senza sostanza o senza seguito.

Nel precedente punto chiave si è parlato del «Takt-Time del processo di innovazione». Di che cosa è composto? Senza il contributo di altri processi come lo sviluppo del prodotto, l’industrializzazione, la produzione e la commercializzazione e altri processi amministrativi di supporto, non è pensabile pretendere di essere un’azienda innovativa e mantenere a lungo la posizione. Questi processi aziendali saranno le zavorre del processo d’innovazione.

È quindi fondamentale estendere l’innovazione alle altre categorie che sono:

  • I processi;
  • L’organizzazione;
  • Le modalità di commercializzazione.

Nel nostro modello di gestione della performance, parliamo di «strategy-based Innovation» per significare che nessun processo dell’azienda deve sfuggire a questo obbligo di dover sempre ripensare il modo di consegnare il valore ai propri clienti del processo.

Ciò che è stato detto sull’equazione del valore si ritrova qui, ma questa volta estesa alle altre tre categorie che abbiamo appena citato.

Le aziende che si basano sul modello del lean management dovrebbero essere da questo punto di vista già molto avvantaggiate dalla pratica dei concetti di miglioramento continuo (Kaizen) e cambiamento radicale (Kaikaku-Kakushin) ma è sufficiente? Sicuramente no per il capo della R&D di Samsung che, nel suo intervento alla conferenza TRIZ già nel 2013, ha dichiarato: “Bisogna ripensare l’organizzazione per accelerare l’innovazione”. È così che l’approccio TRIZ, ad esempio, viene insegnato nella loro accademia e che hanno sviluppato una sorta di «start-up» interna e persino «incubatori di innovazione». Non dicevamo che bisognava anche essere inventivi … in materia di organizzazione!

Valutazione del processo della mia impresa: «avere una strategia basata sull’innovazione»

  • La nostra strategia si basa esclusivamente sull’innovazione del prodotto;
  • La nostra strategia integra anche l’innovazione di processo e/o di organizzazione, ma non in modo sistematico;
  • La nostra strategia si basa sulle quattro categorie di innovazione in modo strutturato e misurato regolarmente.

Se la vostra valutazione indica che il vostro processo di innovazione ha difficoltà ad integrare questi cinque punti chiave, sappiate che esiste un sistema strutturato estremamente performante, in grado di colmare molte delle vostre debolezze o lacune ed aumentare notevolmente il vostro processo di innovazione.

Ci riferiamo al QFD (Quality Function Deployment), un approccio sistemico e completo sviluppato in Giappone dal Dr. Yoji Akao.

Consiste in un sistema ampiamente collaudato e coloro che lo utilizzano regolarmente, sanno quanto contribuisce alla performance dell’innovazione.

Il QFD Institute USA ne dà la seguente definizione:

“QFD è un sistema completo che collega sistematicamente le esigenze del cliente alle varie funzioni strategiche e ai processi organizzativi come marketing, progettazione, qualità, produzione, produzione, vendite, ecc., allineando l’intera impresa al raggiungimento di un obiettivo comune”.

Anche se molti sono quelli che utilizzano oppure conoscono la versione iniziale, la più recente versione chiamata «Modern QFD» è stata fortemente rivista, semplificata, resa più facilmente implementabile ed ancora più performante.

Nonostante sia anche oggetto di una norma internazionale, si tratta della ISO 16355, in Europa non riscuote ancora della stessa diffusione che ritroviamo in Asia o negli Stati Uniti. Ci si può domandare, “c’è forse un legame con il regresso dell’Europa in materia di innovazione?”

Per approfondire la conoscenza del «Modern QFD», scaricate gratuitamente il documento pdf di presentazione. Al suo interno, troverete:

  • Un rapido test con correzione, per un’autovalutazione del proprio grado di conoscenza dell’argomento;
  • La presentazione del metodo QFD nella sua versione aggiornata;
  • I benefici che si possono ottenere applicando il metodo;
  • Nostri “Tips & Tricks” arricchiti di commenti per chiarire alcuni aspetti specifici ed evitare errori nell’attuazione;
  • Una bibliografia documentata dai nostri consulenti.

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